IL FENOMENO «BLOG» ANTONIO SPADARO S.I.
Le tecnologie digitali stanno cambiando la scena mediatica. Se ne è avuta la riprova in occasione della tragedia dello tsunami. Prima e meglio delle agenzie ufficiali, decine di persone hanno raccontato gli eventi che stavano accadendo, anche con l’ausilio di filmati amatoriali subito inviati in internet(1) e inseriti nei cosiddetti blog. Essi sono nati all’interno della Rete — unico grande testo inesauribile, che va ben al di là della rete di connessioni e dei singoli contenuti che lo compongono(2) — circa sei anni fa; però soltanto da due anni circa, in particolare nel nostro Paese, hanno cominciato a diffondersi a macchia d’olio. Che cosa sono i «blog»? Non è facile definire cosa sia un blog. È infatti un sistema complesso che sfugge a classificazioni troppo rigide e va oltre le tecnologie da cui ha origine(3). Il termine blog di per sé non significa nulla. Esso è frutto della contrazione delle parole inglesi web e log: web, che significa «ragnatela», sta per la Rete stessa, e log, che significa «diario» o anche «giornale di bordo». La traduzione italiana di blog dunque potrebbe essere «diario in Rete». E questa è, in effetti, la definizione più semplice: esso è uno spazio virtuale, autonomamente gestito, che consente di pubblicare una sorta di diario personale o, più in generale, contenuti di qualunque tipo che appaiono in ordine cronologico, dal più recente fino al più vecchio, e conservati in un archivio sempre consultabile. I contenuti possono essere arricchiti da collegamenti ad altri blog e ad altri siti all’interno di una fitta ragnatela di connessioni reciproche. Man mano che i nuovi materiali vengono inseriti, quelli più datati si posizionano più in basso fino a confluire nell’archivio settimanale, mensile o annuale. Le caratteristiche fin qui illustrate permettono di comprendere come i blog mettano insieme caratteristiche proprie dei newsgroup (bacheche elettroniche di messaggi accessibili con il programma di posta elettronica o con un lettore di news apposito), delle pagine web personali e dei portali d’informazione. Infatti, come i newsgroup, i blog sono bacheche di messaggi; come i siti personali, pubblicano contenuti che hanno a che fare col loro autore; come i portali informativi, forniscono informazioni di ogni tipo: da quelle strettamente personali e autobiografiche a quelle di carattere generale, come nel caso di reportage da luoghi in cui la libertà di stampa è negata. Sin dal suo inizio, nel 1997, questa forma di espressione ha infatti rivestito una doppia funzione: mettere on line storie personali, riflessioni dell’autore, pensieri in forma di almanacco, per i quali la cadenza quotidiana dell’aggiornamento riproduce i ritmi della vita ordinaria, da una parte; realizzare una forma di comunicazione diffusa dal basso, senza filtri di carattere economico o spaziale, che dia informazione e soprattutto faccia opinione, in genere «alternativa» rispetto a quella dei media più ufficiali, dall’altra. È necessario aggiungere che ogni contenuto immesso può prevedere il commento da parte dei suoi lettori, i quali quindi possono interagire direttamente con chi lo ha scritto e con gli altri lettori. Uno dei motivi per cui quello del blog è diventato in poco tempo un vero e proprio fenomeno consiste nel fatto che per realizzarne uno non è necessario né un esborso economico, né una particolare competenza relativa ai linguaggi propri della Rete: in genere, basta inserire i contenuti da pubblicare in moduli (form) già predisposti da piattaforme che forniscono gratuitamente il servizio. Le procedure sono semplici: basta registrarsi, scegliere un nickname, cioè un «nomignolo» di riconoscimento, e una password. A questo punto si dovrà indicare il nome del blog, scegliere se permettere o meno ai visitatori di lasciare un commento e se esso debba essere immediatamente pubblicato o prima approvato, e infine scegliere il layout, cioè la forma grafica del blog. Quando ci si imbatte in uno di essi, si percepisce la differenza rispetto a un normale sito personale, che è invece più statico. Il blog cambia a ogni aggiornamento, di norma quotidiano, e rivela meglio lo spirito del suo autore. Lo si riconosce subito, in realtà, anche per la grafica essenziale. Esso è costituito, in genere, da tre campi verticali: quello centrale contiene i post (cioè i materiali «postati», pubblicati), quello di sinistra gli archivi, quello di destra i link ad altri siti e blog (il cosiddetto blogroll). A questo punto, definito il layout, il blogger (cioè l’autore del blog) può inserire qualunque contenuto testuale o multimediale. Il suo blog è pronto(4). Tra diarismo e giornalismo «Il blog è la tua voce sul web. Uno spazio dove raccogliere e condividere qualsiasi cosa che stimoli il tuo interesse: un commento di politica, un diario personale online o link a siti web che ti interessano. Per molti un blog è semplicemente uno spazio in cui annotare i propri pensieri, mentre altri comunicano a un pubblico di migliaia di persone in tutto il mondo. I blog sono utilizzati dai giornalisti, professionisti o dilettanti che siano, per pubblicare le notizie dell’ultima ora, mentre attraverso i diari quotidiani è possibile condividere con gli altri i propri pensieri più intimi»(5): questa è la definizione che si legge nella pagina di presentazione di Blogger, una delle piattaforme più note per la creazione di blog. Risulta chiara la fusione tra la dimensione diaristica e quella giornalistica. Un esempio di tale fusione ispirativa è quello realizzatosi a New York in occasione dell’attentato alle Twin Towers, quando i blogger newyorkesi hanno raccontato in diretta ciò che accadeva, come veri e propri «inviati» sul posto, producendo cronache in forma di testimonianze personali. Il blogger potenzialmente può fare informazione in maniera immediata, senza passare da alcun filtro: non c’è alcuna garanzia di alcun tipo circa ciò che è scritto, se non quella dell’autorevolezza personale del blogger. Il blog dunque vive a metà strada tra il giornale o la rivista e la comunicazione per passaparola. Rispetto a un normale periodico cartaceo, il blog si caratterizza per la spiccata presenza di un individuo e delle sue preferenze di scelta e di giudizio. Rispetto al puro passaparola, invece, il blog può contare su tutte le risorse della Rete (link al sito dell’editore, ad altri commenti e fonti...). Tuttavia dal passaparola il blog ha ereditato la necessità del coinvolgimento relazionale nel passaggio della notizia, che non è più solamente «trasmessa» (cosa che caratterizza i broadcast media e che rende l’utente uno «spettatore»), ma condivisa in contesti di relazioni, sebbene esse siano «virtuali». Quella della «piazza» e della comunicazione spontanea resta una buona immagine esplicativa del fenomeno. Tuttavia ogni paragone (col giornale, il passaparola, il diario…) è insufficiente: il blog può essere ciascuna e tutte insieme queste cose, ma è anche radicalmente «altro». Un diario è sempre un diario, e un giornale è sempre un giornale, mentre il blog non prevede uno stile uniforme: a un post rappresentato da una cronaca obiettiva può seguirne un altro che è una pura espressione emotiva o la citazione di qualche pagina di un romanzo. Allora il blog è, a suo modo, anche un’opera narrativa, un romanzo epistolare, un saggio critico che non prevede la parola «fine», e così via. Il blogger, data la dimensione cronologica del blog, spesso finisce per affidare alla Rete non prodotti definiti o riflessioni concluse, ma il frastagliato e diseguale diario della propria storia intellettuale e, spesso, anche emotiva. Il blog insomma, utilizzando un’espressione del sociologo Clifford Geertz, è uno dei blurred genres, un «genere confuso»(6), o, se vogliamo, più semplicemente, un nuovo genere espressivo. Non solo: la presenza sistematica di link (collegamenti) permanenti (detti permalink) ad altri blog fa sì che chi ne frequenta uno, di fatto, ne frequenti altri, che con il primo costituiscono un vero e proprio sistema, definito comunemente come «blogosfera», senza centro e senza periferia. Il blog realizza una delle forme più compiute di ipertestualità che vivono nella Rete. Ecco una delle caratteristiche dei blog propriamente detti: essi pubblicano post rinviando ad altri blog, cioè facendo ciò che di norma non si deve fare nel giornalismo: spostare la preziosa attenzione del lettore verso altre fonti di informazione(7). In genere, più numerosi sono i link esterni e i rinvii ad altri blog, maggiore attenzione si riceve dai lettori e dalla blogosfera. Tutto ciò, ovviamente, non si realizza nella lettura di un diario o di un giornale, che tendono a centrare l’attenzione solamente su di sé. È da notare infine che, a differenza di ogni libro e periodico, i contenuti di molti blog sono aperti alla copia gratuita, cioè al cosiddetto copyleft, che è diametralmente opposto al copyright. È prevista e rispettata la citazione della fonte, ma non ci sono limiti alla circolazione dei testi, delle storie e delle idee. Nonostante siano stati scritti numerosi contributi alla comprensione del fenomeno(8), non solo non è possibile classificare i blog, ma non lo è nemmeno censirli. Innanzitutto per il loro numero. Soltanto per avere un’idea del fenomeno basti dire che la piattaforma italiana Splinder, una delle più note, alla fine del 2003 contava circa 22.000 blog ospitati, mentre alla fine del 2004 il loro numero era diventato di quasi 100.000. È comunque possibile distinguere tre dimensioni fondamentali, sempre compresenti e difficilmente separabili, ma con equilibri diversi e in misura differente da blog a blog: la dimensione emotivo-espressiva, quella critica e quella informativo-giornalistica. La dimensione emotivo-espressiva Avere a disposizione uno «strumento» così flessibile spinge molti a desiderare una visibilità in Rete e a guadagnarsi uno speaker corner, un angolo da cui parlare, come quello celebre di Hide Park a Londra, dal quale si spera di ricevere attenzione. Così nei blog si trova di tutto: gli svagati adolescenziali in cerca di paesaggi e sintonie interiori; i vaticinanti ispirati, che trascrivono aforismi; i sentimentali romantici; i minimalisti, che conservano traccia di ogni momento della loro esistenza; i «poeti maledetti» di maniera e coloro che invece amano il gergo moderatamente inventivo dei «messaggini» sms(9). Ovviamente in Rete le identità sono flessibili: si può pubblicare un blog sotto falso nome, con uno pseudonimo o con un semplice nickname. Lo spazio della Rete è molto anonimo e impersonale, in quanto ciascuno può far credere di essere ciò che non è a livello di età, sesso e professione, esprimendosi senza i limiti dati dalla propria identità pubblica. In internet si diventa messaggio: si dialoga per quel che ci si sente di essere e per il «pensiero puro», diciamo così, che si esprime. Proprio per questo, dunque, è anche molto confidenziale, perché permette di dire di sé cose che altrimenti difficilmente una persona direbbe. Lo spazio diaristico del blog può realizzare un’apertura completa e un grande livello di autenticità, ma d’altra parte essa resta esposta allo spontaneismo senza limiti e senza pudori, che può degenerare nella trivialità. Occorre in ogni caso rilevare questo grande desiderio, spesso incarnato da molti giovani, di trovare un canale di espressione per se stessi, una forma per dire in pubblico parole private. Sembra voler indicare un desiderio di trovare ascolto e di vivere un’aggregazione, anche semplicemente virtuale e dunque senza volto, sulla base del bisogno di raccontare la propria storia o la propria giornata. Qualcosa che vada al di là del «Caro diario…» e stia più in qua del reale contatto con persone visibili. Che sia, fra l’altro, l’espressione di un profondo bisogno di ascolto e, insieme, di una paura a esporsi per quel che si è, fino in fondo? Se l’espressione personale riesce a trascendere il mero autobiografismo diaristico estemporaneo, allora possiamo riconoscere, sempre tenendo presente la «confusione» dei generi propri dei blog, spazi di significato poetico-letterario o comunque artistico-espressivo. La natura sintetica dei post e il continuo feedback dei lettori spesso spingono il blogger ad affinare le proprie capacità di scrittura. Un diario potrebbe diventare un romanzo a puntate fatto di brevi unità narrative (che sono i post, appunto). Ovviamente, in questo caso, il lettore può procedere a ritroso nella lettura, invertendo o costruendo autonomamente il «montaggio» delle sequenze narrative. Ma il blog potrebbe essere una forma di «flusso di coscienza» di joyciana memoria, capace di registrare per filo e per segno tutti i collegamenti e i salti pindarici dell’interiorità propria di una coscienza. Se un racconto in blog corre sempre il rischio di trasformarsi in una sorta di internet-soap, cioè di soap-opera non televisiva ma via internet, non deve però stupire che la International Creative Management, una nota agenzia letteraria statunitense, abbia trasformato diversi blogger in scrittori su carta stampata. In Italia, Einaudi ha di recente pubblicato, a cura di Loredana Lipperini, La notte dei blogger, che la copertina definisce come «la prima antologia dei nuovi narratori della rete»(10). In realtà, però, questa non è la prima come, di certo, non sarà l’ultima(11). La pubblicazione di racconti tratti da internet e in quanto tali presentati resta tuttavia, a nostro avviso, un puro espediente di carattere commerciale. Se un racconto è di qualità, infatti, poco importa dove e come sia stato trovato: nel cassetto di una scrivania, o in Rete(12). Una riflessione interessante e complessa sui «blog-narratori» è quella di uno dei più noti blogger italiani, che si cela sotto il nickname di «personalitaconfusa» (o, più precisamente, «x§°nalità c°nfu§a»): «La quotidianità è fonte inesauribile di spunti e di riflessioni: basta osservarla. […] E lo strumento blog, a mio avviso, si presta molto alla critica di certe realtà, peraltro trascurate dai mezzi di comunicazione tradizionale, che sono concentrati sul sensazionalismo e sull’immagine, anziché sulla parola. Io credo che la comunità dei blog si senta sempre più lontana e annoiata dalla comunicazione tradizionale e dai suoi temi e che per questo stia cercando anche altrove, cioè sui blog stessi, le cose da leggere e da guardare»(13). Il senso di queste espressioni è chiaro: il blog, centrato com’è sulla registrazione quotidiana di eventi, immagini e pensieri, ha il proprio terreno di vita nell’osservazione delle cose ordinarie, negli eventi e nelle riflessioni dell’esistenza che si fa giorno per giorno, più che sui grandi eventi e sul sensazionale. Il rischio però — e lo si nota nella stessa citazione — è che alla fine la quotidianità non sia più quella del reale concreto, ma quella fluorescente dei monitor, quella cioè degli stessi blog. A questo punto il cerchio perverso dell’autoreferenzialità sarebbe chiuso, avvolto tutto in se stesso: avremmo blog che parlano di blog, diari di diari, non più diari di vita. La dimensione critica I blogger non sono soltanto una «massa narrante». Uno strumento flessibile come il blog si presta a tutto ciò che è in progress, cioè in evoluzione. Se i blog seguono e accompagnano come un diario la vita nel suo svolgersi quotidiano con racconti e con forme varie di narrazione, è vero che la accompagnano anche in maniera informativa o critica. Facciamo un esempio che riguarda la critica letteraria. Una volta per leggere recensioni di libri recenti o riflessioni di ampio respiro sulla letteratura occorreva rivolgersi a monografie o a riviste specializzate. Esse avevano e hanno critici che garantiscono qualità di lettura e che hanno libertà di espressione in quanto «lettori professionisti». Sempre più, attualmente, questo ruolo è assorbito dalla «Terza Pagina» dei quotidiani, i quali hanno collaboratori scelti e provati. Riviste e quotidiani sono in competizione, ma entrambi hanno in comune la selezione accurata dei propri collaboratori. Oggi invece si assiste al fenomeno, tipico delle librerie che vendono on line, per cui ogni libro può essere commentato in forum appositi, da chiunque l’abbia letto. Capita dunque di leggere su questi siti-libreria ampie recensioni che possono orientare il pubblico, scritte da semplici lettori che altrimenti non vedrebbero mai pubblicate le loro riflessioni, perché essi non sono critici professionisti. Se questo vale per le librerie on line, vale a maggior ragione per i blog. Tra un post e l’altro accade non di rado di trovare un commento all’ultimo libro letto, ma esistono anche blog dedicati alla critica letteraria. A volte sono aperti da scrittori(14), aiutati in qualche caso dai loro editori, che aprono uno spazio blog nei loro siti internet(15). Questo li aiuta a mantenere i rapporti con i lettori e a sviluppare la loro riflessione e la loro poetica a diretto contatto con un pubblico che li segue e che interagisce con loro. Ciò che si dice per i libri si può dire a maggior ragione dei film, visto l’alto numero di blog di cinefili(16), ma anche della musica. Questa ricchezza di materiale critico, da quello più dotto a quello più immediato e spontaneo, non può che essere una risorsa di estremo interesse. In qualche caso, dietro un blog, non c’è solamente una persona, ma un gruppo di riflessione che intende proporre materiali in maniera unitaria nella forma di un «blog collettivo» con o, nella maggior parte dei casi, senza filtri redazionali(17). Questa, ad esempio, è la forma ideale di espressione e comunicazione per un gruppo di lettura che intende darsi appuntamento in Rete o per una redazione che intenda proporre una forma particolare di rivista(18). La dimensione giornalistica Quando si parla di blog non si può separare in maniera netta la dimensione informativa e giornalistica da quella espressiva e critica. Tuttavia la prima identifica una particolare funzione dei blog, quella di fornire in maniera originale servizi di informazione e documentazione, che non avrebbero vere alternative(19). Un blog esemplare, reso famoso dalla tragica fine del suo autore, è Bloghdad del giornalista freelance Enzo Baldoni, ucciso in Iraq a fine agosto dello scorso anno(20). Al suo interno troviamo un po’ di tutto, in uno stile perfettamente coerente e adeguato allo spazio virtuale proprio di quel «genere confuso» che è il blog: foto, reportage, brevi note, commenti... Altrettanto famoso è Where is Raed?(21), un blog che rappresenta quello che comunemente viene definito il do-it-yourself journalism, «giornalismo fai da te», forma del più generico personal publishing (pubblicazione personale): mentre gli inviati in Iraq dei grandi network televisivi rimanevano arroccati negli alberghi riservati ai giornalisti e le telecamere immortalavano i falò dei bombardamenti, sotto lo pseudonimo di Salam Pax, l’autore di Where is Raed? restituiva con freschezza e immediatezza la vita di tutti i giorni che andava avanti a Baghdad sotto le bombe. Il blog, spesso irriverente, è poi diventato un libro dal titolo Baghdad Blog(22). Gli esempi citati sono soltanto due casi particolarmente eclatanti di blog journalism (che qualcuno traduce in italiano anche con espressioni quali «giornalismo civico» o «di base») realizzati da singole persone. Un caso, invece, tra i più organizzati ed estesi al mondo, è quello della testata sudcoreana Ohmy News(23), nata nel febbraio del 2000, che pubblica due edizioni: una in coreano e una, internazionale, in inglese. Essa funziona attraverso il contributo dei suoi lettori, che spesso diventano anche cronisti (retribuiti con una cifra massima di 20 dollari). Lo staff redazionale, che sceglie e seleziona le notizie, è composto da 40 persone, ma i collaboratori della testata sono ben 23.000 in tutto il mondo, e i lettori due milioni. Il fenomeno dilagante, dunque, pone nuove sfide al mondo dell’informazione e del giornalismo. All’inizio, blog e giornali si sono guardati in cagnesco percependosi reciprocamente in radicale competizione o addirittura in alternativa. Si trattava di un conflitto di carattere insieme professionale (con le sue ricadute sulla pratica giornalistica) e sociale (legato cioè ai bisogni di informazione a cui il giornalista è chiamato a rispondere). La natura anarchica della forma di pubblicazione permette di abbattere le normali barriere e limitazioni di ingresso al mondo della comunicazione di massa (che tuttavia non sono sempre da considerarsi negative), e dunque più volte il fenomeno blog è stato elogiato come il trionfo della comunicazione orizzontale, non mediata, pluralista e democratica. Nei Paesi dove la libertà di espressione è limitata fioccano le chiusure di siti e gli arresti dei blogger per la loro capacità di creare opinione o di fare quella che si suole definire «controinformazione». Ciò però significa che anche organizzazioni come quella degli hezbollah, i miliziani islamici, ad esempio, oppure organizzazioni filo-terroristiche possano liberamente trovare spazio di espressione e di propaganda(24). Nei Paesi dove invece c’è libertà di espressione, il fenomeno sembra registrare un restringimento della forbice tra l’informazione giornalistica tradizionale e quella dei blog. Ciò che era soltanto un aut-aut sembra assumere la formula di un et-et. Infatti alcuni (ancora pochi, in realtà) giornalisti italiani hanno aperto un blog personale. Addirittura sono le stesse testate giornalistiche a cominciare a porsi il problema se aprire all’interno del proprio sito internet uno spazio dedicato ai blog. In questo campo sono tre i quotidiani che si sono mossi per primi: il Foglio, il Riformista e la Repubblica(25). Il primo dal 15 ottobre 2002 ospita Wittgenstein, il blog di uno dei primi giornalisti-blogger italiani, Luca Sofri, e Camillo di Christian Rocca, subentrato sei mesi dopo. Entrambi i blog si caratterizzano per lo stile fulmineo e tagliente di gran parte dei post, spesso di una riga soltanto. Il Riformista ospita attualmente sei blog, alcuni di essi attivati a partire dal gennaio 2003. Per terzo è arrivato il quotidiano la Repubblica, i cui primi cinque blog (attualmente otto) sono stati attivati il 10 settembre 2003. La tendenza del newsmaking (fare notizia) dunque sembra quella di un’integrazione tra l’informazione prodotta dalle agenzie, dai gruppi editoriali e dalle testate ufficiali e quella prodotta dai blog. L’integrazione è favorita da almeno due fattori che differenziano le due tipologie di informazione: il fattore «autoriale», per cui un lettore può essere spinto a seguire costantemente e «a trecentosessanta gradi» le opinioni di una firma a lui cara di una particolare testata; la capacità di aggiornamento in tempo reale, propria del blog, specialmente in casi di particolare emergenza o di eventi in rapida evoluzione. Entrambi i fattori possono avere una ricaduta positiva sulla fidelizzazione dell’utente con la testata giornalistica. D’altra parte accade che un blog gestito in autonomia, per un giornalista che si sente costretto o dagli spazi tipografici o dall’impostazione ideologica o da altri vincoli della testata sulla quale scrive, diventa un luogo di espressione libera(26). Il giornalista-blogger deve saper creare un rapporto di fiducia con i propri lettori, sapendo che esso è insieme debole perché soggetto a continue verifiche, e forte perché è alimentato da un approccio estremamente personalizzato(27). Tuttavia accade anche che, a volte, come nel caso de Il Barbiere della Sera(28), questa libertà di espressione si vela di quasi-anonimato. Non si può dunque che registrare una fenomenologia ampia, complessa e tuttora in rapida evoluzione, che avrà probabilmente una ricaduta, prima o poi, sulla stessa definizione della categoria professionale del giornalista, con un potenziamento della figura del giornalista freelance. Il beneficio della libera espressione impone subito il problema di un discernimento delle fonti e una valutazione della loro attendibilità, che si sposa al fenomeno dell’information overload, cioè dell’eccesso di informazione, che caratterizza la Rete da quando essa è divenuta un fenomeno di massa. D’altra parte, proprio la libertà di espressione alimenta un utile controllo sociale esercitato dai blogger sui grandi gruppi mediatici e sulle grandi agenzie di informazione. C’è Dio nella blogosfera? Prima di concludere le nostre riflessioni, ci chiediamo se i cristiani e le comunità ecclesiali abbiano valorizzato i blog così come hanno fatto e stanno facendo per internet in generale(29). Dio è presente nei blog? Se ricerchiamo blog religiosi nel web mondiale non notiamo una particolare ricchezza numerica e contenutistica(30). Non mancano tuttavia idee stimolanti o, comunque, curiose. Una di queste è la «teoblogia» (theoblogy)(31), frutto del blogging theologically, di un «bloggare teologico». Se si digita sul motore di ricerca Google l’aggettivo theoblogical, si troverà che esso appare in oltre 21.000 pagine web(32), a tal punto che la rivista Christianity today ha parlato di una vera e propria «rivoluzione teoblogica» e di «blogosfera cristiana»(33). Essa è molto variegata e comprende spazi di riflessione e discussione teologica tra studenti(34), blog legati a riviste cristiane (Relevant, Touchstone, World, Christianity Today…), spazi personali, anche di pastori e sacerdoti, di ispirazione religiosa(35). In realtà occorre notare che, più che con una rivoluzione, si ha a che fare con un uso più pertinente della Rete, in piena continuità con l’uso che già le Chiese cristiane (e le religioni non cristiane) hanno fatto della Rete attraverso sistemi più tradizionali (siti, mailing list, newsletter, forum…) come abbiamo già ampiamente illustrato in precedenza sulla nostra rivista(36). Se ci fermiamo all’Italia, invece, occorre confermare la considerazione che Marco Schwarz ha inserito nel suo blog: «Ad un tratto mi è balzata agli occhi una cosa che avevo sotto il naso da più di un anno ma che non avevo mai messo a fuoco: Sui blog si parla di tutto (ma proprio tutto) tranne che di tematiche religiose e di fede. […] Escluderei da subito che la (mancanza di) fede sia assente perché considerata un argomento troppo personale, visto che per molti blog il concetto di “troppo personale” mi sembra non esistere. […] mi chiedo come mai questo tema sia totalmente rimosso»(37). In effetti, la blogosfera italiana sembra ancora un luogo di espressione non segnato dalla presenza ecclesiale né tanto meno dalla riflessione teologica. Esistono, sì, alcuni blog personali nei quali l’ispirazione cristiana appare più evidente(38); esiste anche qualche blog legato a gruppi ecclesiali(39), ma non esistono organi di stampa e di informazione, di una certa rilevanza e di ispirazione cristiana, che ospitino blog. Segnaliamo però la rubrica «Il mondo da un oblò(g)» sul quotidiano Avvenire, curata da Riccardo Spagnolo. La visibilità dei pochi blog di esplicito significato cristiano non è affatto evidente e sviluppata: essa rimane un compito da svolgere. Le prospettive I blog non costituiscono una rivoluzione concettuale: sono sostanzialmente un modo facile per pubblicare on line. Essi realizzano una delle idee innovative emerse con l’avvento di internet, che però non aveva trovato fino a qualche anno fa una realizzazione così compiuta. Il fenomeno è in evoluzione, e il software si modificherà nel tempo, ma l’era di quel particolare personal publishing che è il blog non è certo destinata a concludersi: cambierà la tecnologia, e dunque la forma, ma non certo la sostanza di questo «genere confuso» di comunicazione e di espressione. I blog possono contribuire a riequilibrare il sistema mediatico nel suo complesso, integrando i tradizionali broadcast media, che semplicemente «trasmettono» informazioni, con il sistema dei «media di rete», che valorizzano la comunicazione relazionale tra gli appartenenti a gruppi o «reti» di persone. Da questa integrazione dovrebbe derivare un giovamento anche per i media tradizionali, compresi giornali e televisione, i quali dovranno contare sulla propria qualità, sull’incremento della propria credibilità, sulla loro linea editoriale e sul servizio pubblico che riusciranno ad assolvere(40). Potremmo assumere come speranza una definizione del fenomeno blog, forse un po’ troppo entusiastica, che è stata data di recente in una rivista specializzata: «è un giornalismo che è luogo di partecipazione e costruzione di identità, capace, grazie all’interattività e alla multimedialità, di riunire una o più comunità di interesse e di alimentare nuove forme dell’opinione pubblica consapevole e partecipante. Un giornalismo come dono, con un valore aggiunto che non è, e non può essere, solo quello della segnalazione o della produzione di news, ma che deve, in qualche modo, comprendere l’approfondimento, la riflessione, l’interpretazione narrativa della realtà: il valore aggiunto di un punto di vista legittimato da un rapporto fiduciario e rafforzato dalla condivisione»(41).
1 Abbiamo fornito una descrizione generale di internet nel nostro «Le nuove riviste letterarie in Internet. Tra critica e telematica», in Civ. Catt. 1999 III 27- 40. 2 Cfr L. DE CARLI, Internet. Memoria e oblio, Torino, Bollati Boringhieri, 1997. 3 Cfr G. GRANIERI, «Non è solo uno strumento, non è solo il suo autore», in Internet news, ottobre 2003 (reperibile anche nel sito http://www.internetnews.it). Per capire che cosa renda tale un blog è molto utile leggere D. WINER, What makes a weblog a weblog? (in http://blogs.law.harvard.edu/whatMakesAWeblogAWeblog). 4 I sistemi di aggiornamento del blog sono svariati e non si limitano dunque alla digitazione dei post. Infatti alcune piattaforme offrono la possibilità di inviare un messaggio sul blog utilizzando il programma di posta elettronica preferito, del computer o del palmare o di qualsiasi dispositivo che permetta di inviare messaggi e-mail. Si possono inoltre pubblicare foto (esistono veri e propri fotoblog), come è possibile «telefonare» al proprio blog e lasciare un messaggio, che sarà automaticamente pubblicato come file audio. 5 http://www.blogger.com/tour_pub.g 6 C. GEERTZ, «Blurred Genres: The Refiguration of Social Thought», in The American Scholar 49 (1980) 165-179. 7 Per monitorare i blog letti più frequentemente e ricevere una segnalazione quando uno di essi viene aggiornato, esistono i cosiddetti «aggregatori», veri e propri accentratori di informazione, che raccolgono le notizie di blog, agenzie di stampa e giornali. 8 Qui citiamo soltanto qualche titolo italiano: M. DOVIGI, Weblog personal publishing, Milano, Apogeo, 2003; A. MARI, Web Publishing con blog e wiki, ivi, 2004; S. MAISTRELLO, Come si fa un blog, Milano, Tecniche nuove, 2004; E. DI ROCCO, Mondo Blog. Storie vere di gente in Rete, ivi, 2003. A. ZOPPETTI, Blog. Per Queneau? La scrittura cambia con Internet, Roma, Luca Sossella, 2003. 9 Cfr P. DI STEFANO, «Ho scritto t’amo sul blog. Punto esclamativo», in Corriere della Sera, 8 agosto 2003. 10 L. LIPPERINI (ed.), La notte dei blogger, Torino, Einaudi, 2004. (Cfr anche il sito http://www.lanottedeiblogger.com). 11 Senza citare le antologie di scritti tratti non solo da blog, ma in generale dalla Rete, ricordiamo che nel 2002 la milanese Sironi pubblicava Pubblico/Privato 1.0. Diario on line dello scrittore inattivo di Giuseppe Caliceti; l’anno scorso, sempre per rimanere in territorio italiano, la «Novecento Libri» di Roma aveva pubblicato BlogOut, 13 diari dalla Rete, a cura di A. Marzi e F. Ulisse (cfr il sito http://www.blogout.it). Segnaliamo anche P. GALLONI, Le affinità casuali, Santarcangelo di Romagna (FO), Fara, 2004, che è la trascrizione parziale del blog del suo autore. Queste pubblicazioni non mancano di sollevare critiche da parte di chi crede che il blog sia qualcosa di assolutamente estraneo alle leggi editoriali, e la selezione in ordine alla pubblicazione cartacea sia uno snaturamento della natura propria del blog, estraneo a ogni operazione di filtro. 12 Non sembra, del resto, che i racconti raccolti nel volume einaudiano abbiano qualcosa di comune legato strettamente al loro reperimento nei blog dei loro autori. Qualora lo avessero, comunque, la loro collocazione fuori dal contesto di origine annullerebbe il suo significato. Altra operazione è invece quella dello scrittore Antonio Pascale, che nell’antologia Best off (Roma, Minimum fax, 2005), ha raccolto racconti scelti tra quelli letti indifferentemente su riviste cartacee o siti internet, e presentati senza etichette legate al supporto della loro pubblicazione originaria. 13 L. VOCE, «Confusione nella Rete», in l’Unità, 28 ottobre 2004. 14 Due esempi tipologicamente differenti: http://www.giuliomozzi.com dello scrittore Giulio Mozzi e http://www.miserabili.com dello scrittore Giuseppe Genna. 15 Un esempio: http://www.feltrinelli.it/Blog 16 Un esempio: http://cinebloggers.splinder.com 17 Un esempio: http://www.nazioneindiana.com. Un sistema complesso che fa ricorso a siti integrati, forum, una rivista elettronica, mailing list e blog è http://www.bombacarta.it 18 Ciò che si è detto per la critica delle espressioni artistiche vale anche per il mondo della scienza, della tecnica, della politica, e per tutti gli altri campi delle attività e dello scibile umano. Un elenco di 30 blog particolarmente rappresentativo è in S. MAISTRELLO, «30 mete per scoprire la blogosfera», in Internet news, ottobre 2003, e reperibile anche nel sito http://www.internetnews.it 19 Segnaliamo un ampio dossier su questo tema apparso sulla rivista Problemi dell’informazione 39 (2004) n. 2, 145-203, che raccoglie i contributi di un incontro sui blog giornalistici tenutosi all’Università IULM di Milano il 3 maggio 2003. 20 (http://bloghdad.splinder.com). Il blog è ancora on line e, alla fine del 2004, risultava aver ricevuto oltre 1.230.000 visite. 21 http://dear_raed.blogspot.com 22 Cfr SALAM PAX, Baghdad Blog, Milano, Sperling & Kupfer, 2003. Il volume ha suscitato varie polemiche a causa dell’identità del suo autore, ritenuto da alcuni una spia della CIA che avrebbe scritto a fini propagandistici. Altri lo hanno invece scagionato da questi sospetti. 23 http://english.ohmynews.com 24 Cfr, ad esempio, M. FORTI, «Blog, fluido vitale dell’Iran», in il manifesto, 28 dicembre 2004. 25 I blog de il Foglio sono raggiungibili da http://www.ilfoglio.it; quelli de il Riformista da http://www.ilriformista.it o direttamente da http://www.ilcannocchiale.it; quelli de la Repubblica da http://www.repubblica.it/indici/rubriche/blog.htm da cui si accede anche ai complessivi 28 blog ospitati dal gruppo L’Espresso (http://www.kataweb.it/blog). Nell’aprile 2004, anche La Stampa ha aperto, accanto ai forum, anche un blog (http://www.lastampa.it/blog/default.asp). Il Corriere della Sera e Avvenire hanno optato invece per i forum. 26 Un solo esempio tra i tanti è QuintoStato del giornalista Carlo Formenti del Corriere della Sera (http://www.quintostato.it), che in realtà, a sua volta, è una vera e propria testata autonoma con una redazione composta attualmente da cinque giornalisti. 27 Cfr E. BIANDA - A. SOFI, «È giornalismo d’approfondimento. I blog rispondono alle esigenze d’informazione delle nuove comunità», in Problemi dell’informazione 39 (2004) n. 2, 189. Una preziosa fonte è la Online Journalism Review (htpp://www.ojr.org). 28 http://www.ilbarbieredellasera.com/ 29 Cfr A. SPADARO, «Dio nella “rete”. Forme del religioso in internet», in Civ. Catt. 2001 III 15-27 e «La Chiesa e internet», ivi, 107-113. 30 Per avere un’idea approssimativa del fenomeno si possono consultare i seguenti elenchi: http://www.blogsearchengine.com/religious_blogs.html, per i blog religiosi; http://www.blogs4god.com, per i blog cristiani; http://www.praiseofglory.com/blogs.htm, per i blog cattolici. 31 Cfr http://theoblogy.blogspot.com e http://theoblogical.org 32 Ricerca fatta a fine gennaio 2005. 33 http://www.christianitytoday.com/ct/2004/001/27.69.html 34 Come quello aperto dal Seabury-Western Thological Seminary di Evanston, Illinois (http://www.seabury.edu/faculty/akma/seminarblog.html) 35 Ad esempio http://www.brianorme.com 36 Cfr A. SPADARO, «Dio nella “rete”…», cit. 37 http://www.montag.it/blog/archive/000809.html 38 Ad esempio: http://pescevivo.splinder.com, http://villaggiovirtuale.splinder.com 39 Ad esempio: http://guanelliani.splinder.com, http://vicariatonews.splinder.com, http://borgodonbosco.blog.excite.it È appena nato il blog del sito ufficiale dei gesuiti italiani (http://gesuiti.blogspot.com). 40 Cfr L. DE BIASE, «Dalla rivoluzione all’evoluzione. I blog giornalistici nel sistema dei media», in Problemi dell’informazione 39 (2004) n. 2, 183. 41 A. SOFI - E. BIANDA, «È gornalismo d’approfondimento...», cit., 191. © La Civiltà Cattolica 2005 I 234-247 quaderno 3711 |